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Terramara

Si chiama Terramara – Il cambiamento climatico in Pianura Padana ed è il nuovo sforzo letterario di Davide Persico, docente all’Università degli studi di Parma e sindaco di San Daniele Po, paese nel quale da sempre vive e dove ha fondato il Museo paleoantropologico del Po.

Un uomo del fiume, e di fiume, che conosce angoli, segreti e peculiarità del nostro territorio.

Tutto è nato, ancora una volta, come accaduto anche in precedenza per altri volumi di Persico, da un fatto. In questo caso, l’affioramento, in mezzo al fiume, di fronte all’attracco di Isola Pescaroli, della sommità di un tronco. Un albero vissuto molti anni fa, sommerso dal divagare nello spazio e nel tempo del Po.

“Nascosto dalle acque fino al 2022 – racconta lo stesso Davide Persico – l’albero è riemerso grazie alla forte siccità che ha investito la Pianura Padana, diventando un riferimento. Come le pietre della fame rinvenute in alcuni fiumi d’Europa, e di recente anche nel Rio delle Amazzoni, incise con date e simboli per ricordare lo scarso livello dell’acqua durante i periodi di siccità, anche il tronco fossile ha assunto il medesimo ruolo di indicatore delle magre eccezionali, ormai sempre più frequenti.

Ci sono evidenze di un cambiamento climatico in atto e da quell’albero è nata l’idea di raccontarle“.

Terramara è un libro che trova le proprie radici negli altri quattro già pubblicati e appartenenti alla stessa collana edita da Delmiglio: Il Lupo del Po (Delmiglio, 2019), Storie Naturali (Delmiglio, 2020), I fossili delle alluvioni (Delmiglio, 2021) e Alieni (Delmiglio, 2022).

In tutti questi volumi naturalistici il tema climatico, che è di assoluta attualità, è stato accennato in maniera differente, mentre in Terramara è diventato il vero protagonista. Si tratta di un vero e proprio lavoro di ricerca delle evidenze del cambiamento climatico nel territorio della Bassa.

“Abituati da sempre, grazie alle immagini riportate dai media, ad attribuire il problema del cambiamento climatico come a un qualcosa di lontano, quindi estraneo alle nostre vite – spiega ancora Davide Persico – si scopre invece, indagando tra i dati parametrici e le osservazioni naturalistiche che gli effetti del cambiamento climatico non solo si possono osservare anche da noi, ma sono per la gran parte sottostimate. Per la scrittura di questo testo sono stati studiati parametri come la temperatura atmosferica, il livello idrometrico e la portata del Po, la temperatura media delle acque del Po, la piovosità, l’accumulo di neve al suolo e l’evapotraspirazione degli ultimi 30 anni. Inoltre, sono stati fatti censimenti e valutazioni sullo stato di salute dei bodri, delle lanche e delle spiagge del Po.

Tutti questi dati, correlati, giustificano alcune evidenze di cambiamento della fauna e della flora e ci fanno capire perché stiamo perdendo biodiversità. Non è un libro catastrofista rimarca è un’analisi obiettiva della situazione, col quale si azzardano anche previsioni future ma soprattutto si suggeriscono rimedi che possono rallentare questa tendenza e anche contrastarla.

Tutto questo lavoro è stato possibile grazie ad una collaborazione con Sara Bottazzi, studentessa laureata col massimo dei voti venerdì scorso con una tesi in cui vengono trattati parte di questi dati; grazie a informazioni e osservazioni raccolte da una vita nel nostro territorio e da una profonda ricerca bibliografica“.

Il libro consta di 152 pagine, 12 figure con grafici nei quali sono raccolti oltre un milione di dati analizzati e 24 tavole fotografiche con immagini esemplificative di ambiente, lanche asciutte, bodri in sofferenza idrica e animali avvantaggiati o svantaggiati da questo cambiamento.

“La copertina, realizzata da mia figlia Emma attraverso la tecnica della pittura digitale – spiega l’autore – riproduce un gruccione a caccia, sullo sfondo del quale vi è il bozzetto di un grafico che dimostra come sia variata la concentrazione di anidride carbonica negli ultimi 600.000 anni evidenziando quanto, i valori raggiunti oggi a causa delle immissioni antropiche, siano talmente fuori scala da dimostrare che, oltre ad essere vittime, siamo soprattutto causa di questo cambiamento. Il titolo, Terramara, è stato scelto in relazione al fatto che le Terramare sono state il primo esempio padano di una civiltà impattante
sull’ambiente, poi estinta da un drastico cambiamento del clima. Si tratta di un esempio da cui avremmo dovuto imparare tanto ma che invece, purtroppo, stiamo ripercorrendo. Terramara non ha la pretesa di essere un’opera completa sul cambiamento climatico, rappresenta invece un modo per comprendere in chiave locale l’evoluzione indotta del nostro pianeta, offrendo spunti di discussione e riscontri su cui riflettere“.